Appesi alle pareti di pietra dei castelli, in grandi sale dificilmente riscaldabili, univano alla funzione decorativa quella di isolamento termico durante l’inverno. Il grande successo degli arazzi nei secoli è probabilmente legato alla loro trasportabilità. Re e nobili potevano arrotolarli e portarli con loro negli spostamenti tra una residenza e l’altra, e, a differenza degli affreschi, erano salvabili in caso di incendio o saccheggio.
Nelle chiese potevano essere srotolati in occasione di una particolare ricorrenza.Sono stati prodotti fin dai tempi più remoti, anche se la difficoltà di conservazione dei materiali che li compongono, fibre tessili naturali come lana, cotone o lino, ha fortemente condizionato la quantità e qualità dei reperti ritrovati.I più antichi arazzi giunti a noi risalgono all’antico Egitto e alla Grecia tardo ellenica, ma erano diffusi ovunque nel mondo, dal Giappone all’America precolombiana.
Lo sviluppo dell’arazzo in Europa risale all’inizio del XIV secolo, prima in Germania e Svizzera poi in Francia e in Olanda. L’apice della produzione venne raggiunto nel Rinascimento, in particolare nelle Fiandre e in Francia, ad Arras, Parigi, Aubusson, Tournai, Bruxelles, Audenarde, Beauvais. La reale manifattura dei Gobelins, fondata a Parigi nel 1662 continua a produrre tutt’oggi.Un esempio assai noto di arazzeria fiamminga è il ciclo di sei arazzi dedicato a la dama e l’unicorno (XV secolo), conservato al Museo di Cluny, a Parigi.A seguito della crisi, che coinvolse tutta l’Europa, le arazzerie italiane chiusero i battenti.
L’arte dell’arazzo sopravvive oggi in piccole nicchie di produzione e per il restauro dell’antico